Christina Guarducci - Mitologia di famiglia
(vi lascio anche il link alla mia recensione di diverso tempo fa per RecensioniLibri.org).
Christina Guarducci nel romanzo qui recensito è al suo primissimo esordio (siamo nel 2005 quando è stato pubblicato per la prima volta questo libro). L'autrice è nata a Firenze ed è una psicanalista psicanalista junghiana, infatti nei suoi romanzi la componente psicologica è molto forte.
Successivamente a "Mitologia di famiglia", sono stati pubblicati "Malefica luna d'agosto" e "Nonchalance".
Passando al libro, è stato fortemente apprezzato dalla critica e non posso che dire anch'io lo stesso.
È un
romanzo dal forte spessore psicologico, uno di quelli che ti soddisfa quando si gira
l'ultima pagina ma, allo stesso tempo, non dispiacerebbe saperne
ancora sui suoi personaggi.
La storia è quella di una famiglia apparentemente normale:
un padre chirurgo, una madre casalinga amante dello shopping, una figlia
particolarmente bella, un primo figlio che ha una grande connessione con i
volatili, un altro figlio chiuso nella sua stanza con la passione per le
scienze e un ultimo figlio che ha uno spirito saldo.
In realtà, il padre è un
sanguinario, forse addirittura killer, la madre è una casalinga con crisi isteriche che cucina
sempre la stessa pietanza dalle mille funzionalità, la
figlia bellissima è una lupa mannara, il primogenito crede di essere un
gabbiano bipede, l'altro figlio ha la mania di piegare gli animali al suo
volere e l'ultimo figlio sarà il fondatore di una setta che sconvolgerà la loro
piccola città.
Sfondo sarà una natura selvaggia, forte,
indomita, talvolta magica. L'autrice mostra le vicende di questa famiglia della
Maremma attraverso gli occhi di una delle figlie, che avrà a sua volta una
relazione con un mezz' uomo, facendo nascere qualcosa di nuovo.
Le
vicende iniziano da quando i figli sono piccoli fino a quando crescono, facendo dissolvere segreti e delle magie. Segreti, incesti familiari, misteri,
sconvolgimenti, paure, nuclei familiari intrecciati sono i temi principali del
romanzo.
“«Chi
è sopravvissuto a Villa Paludosa», dice la Zia Ricca, «ce la farà sempre nella
vita».
Perciò
non ci ha portato mai i suoi nipoti diretti, con la scusa che loro hanno
abbastanza soldi per andare alle Spiagge Piatte.
[…]
Però,
in famiglia nostra la tristezza dura poco e il fascino di Villa Paludosa, che è
una casa senza confini precisi, ci riacchiappò immediatamente. Il piano di
sotto si addentra nella terra e non c'è da meravigliarsi se aprendo una porta
ti ritrovi dentro una grotta marina. Per questo di notte è meglio restare al
piano normale, quello al pari con il suolo, perché dal basso arrivano dei
borbottii, dei rumori d i passi e di roba che sciacquetta.
Una
volta mi sono sbagliata e sono andata nel bagno di sotto mezzo addormentata e
ho visto guizzare la coda d'argento di una sirena, che mi ha guardata fissa con
degli occhi piccolissimi come i pesci,
ha sorriso con i denti aguzzi e fitti, e scuotendo la sua chioma azzurra è
scappata via tuffandosi dentro un fiume nero che di giorno non c'è.”
Questo
appena riportato è un passo che fa capire bene in che contesto in cui
siamo e come l'autrice sia brava a farci immaginare ciò che lei ha voluto
descrivere.
Il modo di scrivere, come si legge, è fluido, facile, sembra quasi
sentire le parole della protagonista spesso.
Non è un libro che può essere
catalogato in alcuna categoria, rientra in tanti generi. Il libro stesso può
essere letto in più chiavi, le due principali sono senza dubbio quella
psicologica e quella sociale.
Lettura consigliata, senz'altro, ma non richiede
molto impegno.
Quando ho girato l'ultima
pagina del libro, finendo l'epilogo, non ho potuto fare altro che essere
soddisfatta.
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